Sant’Agata Massacre

 

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L’eccidio di Sant’Agata – 65 anni fa

 

21 gennaio 2009 – Antonio Piccoli

 

Probabilmente la Pro Loco di Torricella il 25 di aprile organizzerà una “passeggiata della memoria” a Sant’Agata, in comune di Gessopalena, nel luogo dell’eccidio tedesco di 42 vittime civili fra cui 39 torricellani.

E’ una grande iniziativa a cui senz’altro partecipare, con silenzio e riflessione.

Ma cosa successe quel mattino maledetto del 21 gennaio di sessantacinque anni fa?

Proviamo a ricostruire il momento

 

Gennaio del “44

 

Erano tre mesi che i tedeschi occupavano Torricella. Era diventata una delle loro postazioni di difesa più importanti della zona. Il 3 e 4  dicembre prima di retrocedere avevano fatto saltare in aria Gessopalena e poco prima Roccascalegna, ora stazionavano a Pizzoferrato, Montenero, Fallascoso e appunto Torricella.

Il comando dell’VIII armata degli inglesi era a Casoli, mentre a Gessopalena e Roccascalegna avevano un distaccamento avanzato. La guerra si svolgeva con le cannonate, i tedeschi da Torricella verso Gessopalena e al contrario gli alleati da Gessopalena verso Torricella. In più gli aerei alleati bombardavano i borghi e casolari immaginando che ci fossero rifugi tedeschi. Il paese era ormai distrutto, già da dicembre le mine dei tedeschi avevano fatto saltare il 70 per cento delle case, in particolare alla Coste e al Calacroce

Il fronte della guerra non si muoveva e si capiva che le truppe alleate avevano deciso di svernare sulla linea da essi raggiunta ai primi di dicembre del “43. La strategia tedesca era di fare terra bruciata difendendo il più tempo possibile la linea Gustav e non fare avanzare gli alleati. E gli alleati dal loro canto non avevano nessuna intenzione di avanzare in quanto l’inverno era inclemente e preferivano aspettare la primavera. A Torricella non c’era quasi più nessuno, solo tedeschi. I torricellani erano tutti “sfollati” nelle varie contrade, San Venanzio, Santa Giusta, Colle Zingaro, oppure a rischio e pericolo qualche vecchietto era rimasto rintanato a casa o in qualche nascondiglio. I tedeschi avevano razziato di tutto, le case erano state svuotate e date in fumo, e andavano sempre cercando cibo, maiali, pecore, galline, ora anche nelle masserie e guai a chi non ubbidiva, non veniva risparmiato nessuno.

Il freddo era pungente. Aveva cominciato a fare freddo a novembre e non accennava a smettere. Poi, a gennaio ancora di più, umidità, ghiaccio e continue bufere. Non c’erano né coperte, né più legna da ardere. Si era costretti molte volte ad uscire dai nascondigli per fame o per freddo.

Il rischio per gli sfollati poi era aumentato di parecchio perché adesso i tedeschi avevano dato l’ordine di evacuazione totale. Bisognava nascondersi per non essere presi e uccisi.

Si era in un periodo in cui bisognava difendersi per non morire, solo scappare e non farsi vedere; se stavi buono ti venivano a rubare e ti malmenavano, se reagivi ti ammazzavano, se ti difendevi iniziava la ritorsione, la rappresaglia. Ormai era risaputo che i tedeschi invece di combattere con gli alleati o partigiani facevano carneficina di civili, per lo più donne, vecchi e bambini, in modo da incutere timore e paura a chi intendesse dare rifugio ai partigiani. I giovani intanto cominciavano ad organizzarsi ed a difendersi dagli invasori, ogni tanto, qua e là per le campagne una piccola battaglia. Il 5 dicembre, a Casoli iniziò la resistenza organizzata: alcuni ragazzi di Torricella e di altri paesi agli ordini di Ettore Troilo costituirono la Brigata Maiella mettendola a disposizione degli alleati.

Dopo i tanti morti di dicembre, fra cui Gino De Felice, un giovane maestro elementare che fu ucciso sotto gli occhi del padre Antonio, il sarto del paese, il mese di gennaio cominciò male. Il 5 ci fu  l’uccisione di Tranquillino Di Paolo e Concettina Cianci, nascosti fra le tombe del cimitero. Poi il 12 di gennaio alla contrada Riga, per ritorsione ad un agguato degli alleati e qualche partigiano subita da una pattuglia tedesca nei pressi della “Fornace”, i tedeschi, appostati sul Colle dell’Irco corsero con urla disumane verso i casolari della contrada  e mentre i contadini inermi ed innocenti fuggivano li stesero a colpi di mitraglia.

Erano Emilietta Crivelli di 15 anni, il fratellino di 6 mesi, Carmela D’Ulisse, Giuseppe, Rosina e Rosa Porreca, Felicia, Nicola e Nunziato Rossi, Costanza Uggè, Maria Antonia Di Marino e un bambino di pochi mesi; 12  persone che con urla strazianti fuggivano a delle belve umane.

 

Nei giorni seguenti fu uno stillicidio di persone. Ogni giorno qualche brutta notizia faceva impaurire ancora di più i poveri sfollati.

 

Il 20 di gennaio alcuni uomini del VII° plotone della Brigata Maiella che operavano a Gessopalena si spinsero sino a contrada Santa Giusta dove in “una azione militare fra eserciti contrapposti” ebbero la meglio e uccisero due tedeschi e ne ferirono altri due. Dopo questo fatto, visto l’andazzo, in molti erano sicuri che sarebbe successo qualcosa.

E qui siamo alla strage più vergognosa e orribile, di più ampie dimensioni avvenuta in provincia di Chieti ed uno dei più gravi eccidi avvenuto in Italia durante l’occupazione tedesca.

Al pari delle Fosse Ardeatine, forse anche di più perché alle Fosse Ardeatine furono rastrellati e uccisi 335 civili, 10 per ogni tedesco ucciso (32) nell’agguato di Via Rasella da parte dei partigiani della Brigata Garibaldi, da noi furono uccisi 42 civili per due soli tedeschi.

Ma poi per l’eccidio di Roma è stato fatto un processo in cui fu dato l’ergastolo a Kappler, Priebke e Kasserling, da noi è caduto tutto nel dimenticatoio della burocrazia italiana che nel dopoguerra tentò di insabbiare tutto. Anzi, l’anno scorso sono venuti dalla Germania e sembra che vogliono essere proprio i tedeschi a voler far luce sui crimini dei nazisti.

La gravità di questi fatti, per cui si sono fatti i processi civili per strage e crimini di guerra, non era che venivano uccise delle persone, si sa ”la guerra è guerra”; la gravità  era che l’esercito nazista invece di combattere secondo un codice di guerra riconosciuto da tutti e firmato anche da loro, invece di rispondere al fuoco con il fuoco, strategia militare contro strategia militare, andavano a colpire dei civili inermi impauriti e senza nessuna difesa, uccidendoli barbaramente ed infierendo sulle vittime. Come è successo a Sant’Agata: dopo averli uccisi con le bombe a mano dentro il casolare gli diedero anche fuoco, tanto che fu quasi impossibile riconoscere le vittime.

 

E così

All’alba del 21 di gennaio del “44

…. In questo casolare….

 

Il Padre eterno ha voluto che ci fossero

due sopravvissuti perché potessero

raccontare a noi quello che avvenne.

I tedeschi fecero di tutto per occultare

i loro misfatti ma non ci riuscirono…

 

…..Qui inserisco  alcune pagine  del libro “I banditi della libertà” di Marco Patricelli in cui sono  ricostruiti gli ultimi momenti prima della strage ed il racconto di Nicoletta Di Luzio, la ragazza sedicenne di Torricella sopravvissuta fingendosi morta.

A voi la triste lettura….

 

 

Tiziano Teti – Sindaco di Torricella

 

Il 21 gennaio si è tenuto, a GESSOPALENA il 65° anniversario dell’eccidio di Sant’Agata. Alle ore 11.30 alla presenza del Prefetto di Chieti Dr Vincenzo Greco, del questore di Chieti Dr Giuseppe Fiore, del Presidente della Provincia Sen Tommaso Coletti, del Presidente dell’Unicef Abruzzo Anna Maria Monti, del comandante dei carabinieri della provincia di Chieti, del capitano dei carabinieri della compagnia di Lanciano, del presidente dell’associazione nazionale partigiani della Brigata Maiella Guido Di Cosmo, dei Sindaci di Torricella, Gessopalena, Casoli e Altino, dei ragazzi delle scuole di Gessopalena e Torricella e dei cittadini è stata deposta la corona sul monumento dedicato ai martiri di Sant’Agata. Successivamente, considerata la pioggia battente, ci si è spostati al teatro di Gessopalena, dove il minisindaco di Gessopalena Pietro De Gregorio ha consegnato al Presidente regionale dell’Unicef  Anna Maria Monti, i fondi raccolti nel periodo natalizio e non solo. Sono seguiti gli interventi del sindaco di Gesso, del presidente della Brigata Maiella, del Presidente della Provincia, del Prefetto, del Questore e il mio, dove ho rimarcato che le famiglie di Torricella fuggite dalle loro case in cerca di salvezza, accolti con solidarietà nelle masserie di Sant’Agata hanno incontrato sfortunatamente un’atroce morte. Con il Sindaco di Gessopalena abbiamo altresì rimarcato l’importanza di collaborare per ricordare le atrocità subite dai cittadini delle nostre comunità durante la guerra. In primis in collaborazione con le proloco il 25 aprile

 

 

Francesca Di Pomponio

Segretaria della Pro Loco “Albert Porreca” di Torricella

 

Purtroppo la proloco di Torricella ha saputo soltanto ieri sera della manifestazione che questa mattina si terrà a Sant’Agata per commemorare i morti dell’eccidio nazzista avvenuto nel 1944, e ringraziamo Antonio Piccoli perché si è preoccupato, come sempre, di avvisarci. Come dicevo, avendo saputo in ritardo dell’evento, non abbiamo avuto molto tempo per organizzarci alla partecipazione. Non saremo quindi presenti alla cerimonia, però abbiamo voluto ugualmente partecipare con una piccola delegazione del Direttivo. Il presidente Antonio edio (Francesca) siamo appena stati a Sant’Agata e abbiamo depositato un mazzo di fiori da parte della proloco sul monumento che porta il nome di tutte le vittime dell’eccidio. Devo dire che è stato un momento ricco di emozioni, abbiamo trovato soltanto alcuni dipendenti comunali che stavano completando dei lavori e un signore, abitante del posto, con il quale abbiamo avuto modo di scambiare due parole. Ci ha raccontato quello che ricorda di quei momenti (all’epoca era un ragazzino di soli 13 anni), ci ha indicato quali sono esattamente i resti della casa in cui avvenne tutto, ci ha portato sul punto esatto dove venne scavata una fossa e seppelliti tutti i morti ormai carbonizzati. Questa fossa comune ora è completamente ricoperta di rami, foglie, alberi. Non è possibile in alcun modo immaginare cosa c’è sotto quel terriccio umido senza che qualcuno ne indichi il punto esatto, e a tal proposito parlando con il presidente Antonio si è ipotizzato di proporre all’amministrazione di Gessopalena di curare maggiormente questo luogo ormai nascosto e di darvi un’appropriata segnalazione in modo da renderlo visibile ai passanti interessati. Siamo sempre più convinti che da oggi in poi anche noi parteciperemo alla commemorazione di queste vittime, nostri compaesani, che fino’ora è stata portata avanti sempre ed egregiamente dal comune di Gessopalena. Quindi la voglia di ripercorrere quei sentieri, quelle strade immerse nei boschi e nella natura assoluta è sempre più forte, perciò ci metteremo presto a lavoro per organizzare una “passeggiata nella memoria”, così la chiamiamo noi, per il prossimo 25 aprile partendo da Santa Giusta di Torricella (punto da cui partirono anche le vittime per andarsi a rifugiare proprio a Sant’Agata auspicando di trovare riparo e sicurezza), per poi raggiungere e congiungerci con gli amici gessani che, ogni anno, si ritrovano davanti quella casa per non dimenticare mai la violenza e l’atroce martirio che si consumarono dentro quelle mura di cui oggi non rimane più nulla o quasi.

 

 

Antonio Di Fabrizio

Presidente della Proloco “Albert Porreca” di Torricella

 

QUESTA MATTINA MI SON SVEGLIATO, E HO TROVATO L’INVASOR.Questa mattina ci siamo svegliati, io e Francesca, e nell’intenzione di commemorare come proloco l’eccidio di SANT’AGATA, ci siamo recati, fuori dall’ufficialità della manifestazione, nel luogo dove 65 anni fa vennero trucidati(a dir poco) una quarantina di nostri compaesani che in quel freddo gennaio trovarono rifugio e accoglienza tra gli abitanti di quelle frazioni confinanti con Torricella. La pace e la tranquillità di quei posti si respirava anche questa mattina, dalla distruzione totale del centro abitato di Torricella avevano trovato famiglie che in quel poco che avevano da mangiare riuscivano a sfamare anche questi ospiti, facendolo in maniera spontanea, frutto dell’amore che da sempre la civiltà contadina ha portato, e continua a portare, con se.Quell’amore non è bastato a far vivere a quei bambini una vita dignitosa, che per colpa di assatanati ancora all’oggi impuniti, si è fermata nella tenera infanzia.Sono stati, non si capisce perché, proprio i bambini che hanno ricevuto le barbarie più disumane, ci raccontava un signore che all’epoca aveva 13 anni che 3 bambini cercando di fuggire dal casolare sono stati presi e gli hanno sparato in bocca (mi vergogno a scriverlo), figuriamoci a pensarci.Invito voi tutti a visitare quei posti, a chiudere gli occhi e immaginare che cosa è potuto accadere alle 5 di mattina di quel maledetto 21 gennaio. Maledetto per le cause che hanno portato a quell’eccidio, raccontava sempre il signore(mi pare Michele) che in quella notte i patrioti che presidiavano quella zona (stazionavano con una mitragliatrice da terra proprio sopra la collina sovrastante il monumento) andarono a fare rifornimenti nella vicina Casoli, e una donna di Torricella amica dei tedeschi disse loro: mo putet i.Ci siamo guardati, io e Francesca, e abbiamo detto: nella STORIA c’è sempre una spia.Il sig. Michele ci ha indicato il punto preciso, dove in una fossa comune, furono sepolti quei corpi dilaniati dalle bombe e dal fuoco. Poco più sopra furono sepolti i 3 bambini dei quali raccontavo sopra, anche loro in una fossa comune, uno sull’altro, abbracciati per l’eternità.Per rendere più dignitoso il loro riposo, mentre tornavamo, abbiamo pensato che nel posto delle fosse comuni si potrebbe, senza spese, fare un recinto di piantine, tante quanti i morti, e all’interno un promontorio di terra dove ogni 25 aprile porteremo un seme ciascuno(di fiori) e lo depositeremo su quella terra. A primavera nasceranno i fiori della speranza, speranza che ciò che è accaduto 65 anni fa non riaccada mai più.La speranza che non riaccada più nemmeno: LE FOIBE, LO STERMINIO STALINIANO, QUELLO DEGLI ARMENI, QUELLO EBREO e tutte le violenze che nel mondo riducono gli uomini ad una insignificante piccolezza, ancor più piccoli sono coloro che le compiono queste violenze.La nostra (anche della proloco) è una battaglia contro la violenza e per la pace, per questo stiamo progettando “passeggiando nella memoria”, ripercorrendo quelle strade ogni anno parleremo di memoria ma soprattutto di PACE.Pensate che cosa sarebbe stato il ventesimo secolo senza le due guerre mondiali, dalla bell’epoque allo sviluppo industriale che stava partendo si è interrotta un’era di progresso che quando, negli anni 50-60, è ripartita in maniera frettolosa, ha portato a ciò che oggi è agli occhi di tutti, forse sono mancate proprio quelle generazioni sterminate dalla storia, quella storia che troppo spesso racconta di sistemi totalitaristici che ledono la dignità umana.Ecco, questi pensieri mi hanno invaso nella giornata di mercoledì 21 gennaio 2009.Li ho raccontati serenamente sperando che DOMANI sarà un giorno migliore.

 

 

Antonio Piccoli

 

Grazie Antonio e Francesca….mi sarebbe piaciuto stare con voi, grazie perchè con le vostre parole e la vostra commozione mi avete reso partecipe.Per troppo tempo questa strage è stata dimenticata, insabbiata dalle autorità statali ma anche un po’ dimenticata da quelle locali e da tutti noi.Sì, la Torre alla piazzetta e la stele al cimitero con i nomi dei martiri, ma ripercorrendo la storia di quegli avvenimenti, come abbiamo fatto in questi giorni, ho l’impressione che per troppo tempo non abbiamo tenuto in debito conto quello che i nostri parenti prossimi hanno sofferto. Io che sono del 1948, nato appena 4 anni dopo la strage, non ricordo mai che c’è stata l’attenzione dovuta a ciò che era successo in quei tre terribili mesi. Anzi, c’era sempre una certa aria di tentativo di dimenticare.Erano indicazioni politiche? Sicuramente.Ma ciò non ci evita un certo rimorso.I socialisti, i comunisti, i psiuppini, la sinistra, dov’eravamo? possibile che la storia della nostra terra non ci interessava? Adesso veniamo a sapere che il luogo dove sono stati seppelliti i cadaveri è ricoperto di rovi e ci deve essere qualcuno che lo sa, che ce lo indichi, altrimenti non si vede.E’ terrificante.Sono passati ben 65 anni e non siamo stati capaci di onorare, ricordare e tenere in alto la memoria di 39 nostri compaesani martiri di una inaudita violenza, per non parlare pure degli altri come la strage avvenuta una decina di giorni prima a Riga. In altre parti, oltre a monumenti o parchi della memoria dove sono avvenuti eccidi simili, ogni anno si ricorda e si mette in guardia contro le guerre e i sorprusi.da noi poco e niente,e di quel poco dobbiamo ringraziare gli amministratori di Gessopalena che almeno ogni anno una commemorazione riescono a farla….e noi di Torricella?Ma la speranza è l’ultima a morire….Forse adesso è l’aria giusta.

 

 

Domenico Cianci

 

Caro Antonio ho letto quanto pubblicato sul Forum Yahoo Torricella Peligna relativamente alla strage commessa dai soldati della Wehrmacht il 21/01/1944 presso S. Agata di Gessopalena, trovare il tempo e la maniera dentro questa nostra vita frenetica per raccogliere dati e testimonianze su un fatto così lontano nel tempo ma capace di provocarci ancora emozioni forti è ammirevole, ci fa sentire vivi e forse da un senso a questo nostro esistere.Nessuno ama il proprio paese come chi per ragioni diverse di quel paese non è più residente, man mano che il tempo consuma l’esistenza la nostalgia si fa più insopportabile; immagini, odori, sapori persi per sempre rimangono gelosamente custodite nell’angolo più intimo della propria memoria, e allora ecco questo sentirsi, questo comunicare tra noi, può essere un modo per allargare il paese, allargarlo quanto basta per rientrarci dentro per sentirsi parte di una comunità partorita sul fianco della grande madre-montagna.Ad ognuno il proprio paese appare bellissimo ma il nostro è davvero unico e tutto ciò che lo riguarda nel bene e nel male ci interessa e ci emoziona fosse anche qualcosa accaduto quasi settant’anni fa.Leggere quei cognomi tante volte sentiti a scuola o raccontati vicino al camino nelle lunghe sere invernali e pertanto diventati familiari mi ha fatto sentire un loro padre, un loro figlio, un loro fratello, ed io che ancora piango quando rivedo “Soldato blu” ho pianto provando tristezza e rabbia, sarei partito anch’io per la montagna a combattere per scacciare l’invasore dalle nostre case.Ma oggi, domenica, comodamente seduto sul mio divano, la credenza piena, l’odore di sugo che arriva dalla cucina mi vengono in mente pensieri. La guerra è l’espressione massima della nostra illogica bestialità è un crimine collettivo commesso da intere regioni e stati del mondo, ognuno a cercare di fare il massimo del danno all’altro che è il nemico, la guerra non ha sentimenti buoni ne regole, solo un illuso può pensare che le convenzioni possano essere rispettate negli angoli più sperduti dove la guerra si combatte, le regole vengono scritte da burocrati in doppio petto, piccoli uomini seduti comodamente attorno ad un lucido tavolo con la loro brava piccola bottiglia di acqua, la guerra coinvolge uomini puzzolenti, stanchi, infreddoliti e affamati, siano essi invasori buttati a forza entro un mondo che gli è nemico, siano essi invasi, colpiti nei lori affetti più cari sfrattati dalle proprie abitazioni torturati e offesi assetati di vendetta.La guerra partigiana è stata inevitabile, non si può chiedere agli invasi di porgere l’altra guancia, essa ha anticipato di qualche mese, forse solo di poche settimane la liberazione dell’invasore Germanico, ma è costato tanto alle nostre comunità in termini di vite umane e lacerazione sociale.Ciò che hanno fatto i soldati tedeschi a S. Agata lo hanno ripetuto milioni di volte migliaia di eserciti ed è praticamente la stessa cosa che oggi fanno gli Americani e gli Israeliani nelle loro guerre intelligenti.I comandanti partigiani omaggiati e medagliati dalle loro comunità avrebbero dovuto donare le loro luccicanti medaglie a Silvano d’Amico, Rosina Porreca, la figlia Anita e gli altri ancora.Per creare la pace occorrono uomini come Martin L. King o Ghandi per creare la guerra vanno bene anche i piccoli uomini come i tanti che hanno governato e governano le regioni del mondo.Ecco quanto volevo dirvi, io che sono nato in un posto ove al partorir della vacca veniva chiamato il veterinario e tutti i migliori uomini del vicinato e quando toccò a mia madre vennero mia nonna e una vecchia con le mani tremanti, un posto così duro ma pieno di valori reali ove ogni cosa era in armonia con la natura e le sue stagioni, un posto così meravigliosamente bello.

 

 

“Freccianera” – Mario Di Fabrizio

 

Ringrazio Antonio per averci fornito gli spunti per una riflessione sull’eccidio di Sant’Agata, devo essere sincero non ne sapevo molto e dopo aver letto il suo racconto e le pagine dei testimoni sopravvissuti mi sono sentito piccolo piccolo, la crudeltà umana non ha limiti e non veste colori politici; ho stampato il racconto e l’ho consegnato ai miei figli per far leggere loro le atrocità della guerra e la loro inutilità; ho poi chiesto a mio padre, all’epoca aveva solo 9 anni, di raccontarci cosa lui ricordava di quei momenti e ho visto nei suoi occhi la luce della paura di un ragazzino che vedeva arrivare i tedeschi con pistole alla mano che volevano a tutti i costi animali, cibo, denaro e quant’altro. Lui racconta che avevano creato in mezzo al bosco una trincea, ricoperta di frasche e foglie, dove tenevano metà degli animali che altrimenti sarebbero stati sequestrati dai soldati, e che dovevano seppellire dentro delle casse in legno, il grano, i prosciutti, le salsicce, l’olio e tutto il necessario per sfamare una famiglia composta da dodici figli, i genitori e due nonni.Ringrazio anche Antonio Di Fabrizio e Francesca per il racconto delle loro emozioni vissute ieri sul luogo dell’eccidio.Condivido pienamente l’idea di Calacroce20, ricordare l’eccidio attraverso il nome di una via o piazza, sarebbe il minimo che il paese di Torricella può fare per commemorare le vite di quei 38 torricellani barbaramente trucidati nel nome di una inutile guerra.

 

 

Mario Ficca

 

Anche se triste ed angosciante, ricordare quanto è successo, fa rivivere, tutte quelle persone che, furono ingiustamente, stroncate dalla malvagità di una guerra che, a volte, permette di fare cose ben più gravi di quelle consentite.
I bambini, le donne, gli anziani, che, furono massacrati, si erano rifugiati in quella casa, che, divenne la loro tomba, non per cercare la morte ma la Vita.

RICORDARE, fa RIVIVERE.
Grazie per avermi reso partecipe. Sono di S. Giusta e da casa mia vedo la casetta del massacro, ma non avevo mai fatto una profonda riflessione sul fatto, sul dolore provato dalla gente, sullo stato d’animo di ognuno di essi.
Proviamo ad immaginare il coraggio, la voglia di vivere di Nicoletta Di Luzio, la sopravvissuta, quando fingendosi morta, resiste, immobile alla prova del fuoco.
Ottima l’idea della commemorazione del 25 di aprile partendo da Santa Giusta. Non so se sarò a Torricella  per quella data, ma se dovessi esserci, non mancherò di partecipare

 

 

Maria Vincenza Teti

E’ molto triste l’argomento di questi ultimi giorni. Trovo che sia giusto ripulire il posto dove sono sepolti i nostri paesani cosi da dare a loro un luogo degno dove chiunque può portare un fiore, bella l’iniziativa di Antonio e Francesca. Complimenti per tutte le cose che fate per Torricella.Non riesco ad immaginare come può vivere una persona che per salvare la sua pelle fa trucidare circa 40 persone che amavano anche loro la vita.  Magari erano anche conoscenti, e se è ancora viva come si sente ogni anno il 21 gennaio? Anche per lei c’è il giudizio di Dio.

 

Silvino Porreca

Il ricordo dell’eccidio di Sant’Agata mi ha commosso e mi ha fatto rivivere le tristi vicende del nostro sfollamento.

Giuseppe (Peppino) Peschi

Io ho vissuto quella brutta esperienza perche ero sfollato poco distante e precisamente in contrada pingianise. Sono ricordi terribili, fate bene a ricordare.  Servirà da monito ai giovani.

 

Sandro Porreca de Cecco

Triste lettura, è vero. Ma è anche vero che queste tristissime pagine di storia non si cancellino dalla nostra memoria. Questi sono giorni in cui sono attuali, purtroppo, che Dio ci aiuti.

 

Francescopaolo Bruni

Lodevole l’iniziativa e precisa la ricostruzione. Episodi del genere vanno sempre ricordati, perché non si ripetano: né in quella forma, né nell’altra – che abbiamo sotto gli occhi – in altre forme (razzismo). Io avevo 6 anni ed ero “sfollato” in una contrada più giù di Purgatorio. Complimenti e cordialità.

 

Nicola Di Pietrantonio

Buon ultimo mi unisco al coro dei ringraziamenti per l’iniziativa. Ringrazio anche a nome di mio padre Domenico – figlio di “Nicolino” il fabbro di Fallascoso che per tanti anni ha lavorato a Torricella – il quale ricorda con amarezza quei tragici fatti e molti dei suoi involontari protagonisti.

 

Rosanna Antrilli

Un dolore e una tristezza infinita pervadono corpo e anima a leggere di queste barbarie, ma è giusto così…..è giusto non dimenticare e continuare a soffrire ed indignarsi, chissà che prima o poi il mondo smetta di
permettere che vengano uccisi degli innocenti!

 

 

 

 

 

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Sant’Agata Massacre – 65 Years Ago

 

21st January 2009 – Antonio Piccoli

 

Probably on 25th April the Proloco of Torricella will organise a “memorial stroll” to Sant’Agata in the comune of Gessopalena, to the place where the German massacre of 42 civilian victims took place, amongst whom there were 39 Torricellans.

It is a big initiative, worth participating in, with silence and reflection.

What exactly took place that terrible morning of 21st January sixty five years ago?

Let us try to reconstruct that moment.

 

January 1944

 

The Germans had been occupying Torricella for three months. It had become one of their most important defence positions in this zone. On 3rd and 4th December, before retreating, they had blown up Gessopalena shortly after Roccascalegna, now they were stationed at Pizzoferrato, Montenero, Fallascoso and of course Torricella.

The Command of the VIIIth Army of the English was at Casoli and there were advanced detachments at Torricella and Gessopalena. The war was being waged using cannons, the Germans firing from Torricella towards Gessopalena, whilst the Allies were firing from Gessopalena towards Torricella. Moreover, the allies planes were bombing the suburbs and farmhouses, thinking that Germans were hiding in them. The village by now was destroyed, already by December the Germans had used mines to blow up 70% of the houses, especially in the Coste and Calacroce districts.

The War Front did not change and it was understood that the allied troops had decided to overwinter at the line they had reached early in the December of 1943. The German strategy was to burn everything in order to defend their Gustav line for as long as possible and to prevent the Allies from advancing. For their part, the Allies had no intention of advancing in the inclement wintertime, preferring to wait for the Spring. There was almost no-one left at Torricella, only Germans. The Torricellans were all evacuees staying in the various quarters, of San Venanzio, Santa Giusta, Colle Zingaro, or else at great risk and in danger, a few elderly people had stayed holed up at home or in some hiding places. The Germans had razed everything, the houses had been emptied and had gone up in smoke, and they were always searching for food, pigs, sheep, chickens, now out at the farmhouses and woe betide anyone who did not obey them, no-one was safe. It was bitingly cold. The cold had started in November and there was no sign of it ending. Then in January it became even worse, with damp, ice and continual storms. There were no blankets, nor wood for burning. People often were forced to come out of hiding due to hunger or the cold.

Risks for the refugees were greatly increased, because now the Germans gave the order for total evacuation. People had to hide in order not to be captured and killed.

This was a period when you had to defend yourself in order not to die, all you could do was to escape and not let yourself be seen; if you were good they came to steal from you and rob you and they would beat you up, but if you reacted they would kill you, if you defended yourself they would retaliate with reprisals. By now it was known that instead of fighting the Allies or the Partisans, the Germans slaughtered civilians, mostly women, children and the elderly, in order to arouse fear and dread in those who intended to give refuge to the Partisans. In the meanwhile, the young men began to get organised and to defend themselves from the invaders, every now and again, here and there in the countryside they would fight small battles. On 5thDecember, organised resistance started at Casoli: several young men from Torricella and other villages came under the command of Ettore Troilo, formed the Brigata Maiella and put themselves at the disposal of the Allies.

The month of January began badly, following many deaths in December, amongst them were Gino De Felice, a young elementary teacher whose father, Antonio, the village tailor, saw him being killed. On the 5th Tranquillo Di Paolo and Concettina Cianci were killed, hidden in the tombs at the cemetery. Then on the 12th of January in the Riga quarter, as reprisal for an ambush by the Allies and Partisans on a German patrol near the “Fornace”, the Germans lay in wait on the Hill of Irco (Colle dell’Irco) and then ran with inhuman yells towards the cottages in the countryside and whilst the helpless, innocent peasants were fleeing, they shot them dead with machine gun fire.

There was Emilietta Crivelli who was 15 years old, her 6-month old baby brother, Carmela D’Ulisse, Giuseppe, Rosina e Rosa Porreca, Felicia, Nicola e Nunziato Rossi, Costanza Uggè, Maria Antonia Di Marino and a child of just a few months of age; 12 people screaming agonisingly fled from those wild human beasts.

 

In the days that followed there was a steady trickle of people. Every day there was bad news that made the poor evacuees even more afraid.

 

On January 20th several men from the VIIth platoon of the Brigata Maiella that operated out of Gessopalena, forced their way forwards up to the Santa Giusta district, where, in “a military action between opposing armies” they came off better, killing two Germans and wounding another two. After this event, given the latest trend, many of them were certain that something would happen.

And this brings us to the most shameful and horrible slaughter, on the largest scale of anything that took place in the Province of Chieti, one of the most serious massacres to occur in all of Italy during the German occupation.

 

On a par with the Fosse Ardeatine massacre[1], perhaps even more so because at the Ardeatine caves 335 civilians were rounded up to be killed, 10 for each German killed (32) in the ambush on Via Rasella by the Partisans of the Garibaldi Brigade; 42 of our civilians were killed for only two Germans.

After the massacre in Rome, there was a trial at which Kappler, Priebke and Kasserling were given life sentences, whereas for us everything sank into the oblivion of Italian bureaucracy which after the war tried to whitewash everything. Actually, last year some Germans came and it seems that they themselves want to shed some light on these Nazi crimes.

The gravity of these facts, for which civil processes against slaughter and war crimes have been carried out, was not the fact that people were killed, we know that “war is war”; the seriousness lay in the fact that the Nazi army did not fight according to the rules of war, recognised by all and signed by them too, instead of responding to fire with fire, military strategy with military strategy, but rather they went and hit helpless, fearful, defenceless civilians, killing them barbarically, treating the victims with ferocity. As happened at Sant’Agata: after having killed them by throwing hand grenades into the farmhouse, they then set it on fire, so that it was impossible to recognise many of the victims.

 

And thus

At dawn on 21st January 1944 …. in this farmhouse ….

 

The Holy Father wished for there to be

two survivors so that they could

recount to us what happened.

The Germans tried their hardest to conceal

Their misdeeds but they did not succeed.

 

….Here I shall insert several pages from the book “I banditi della libertà” (“The Freedom Bandits”) by Marco Patricelli in which he constructs the last moments before the massacre and the description given by Nicoletta Di Luzio, the sixteen year old Torricellan girl who survived by pretending to be dead.

Sad reading for you….

(Note:  what follows is only a partial English translation)

 

 

A large scale massacre was perpetrated instead in the Maiella area, at Sant’Agata of Gessopalena, on 21st January. Two Wehrmacht soldiers had been killed and two were injured in an attack at Santa Giusta of Torricella. The reprisal took place immediately. A squadron of ten men reached Sant’Agata where several evacuees from Torricella had found refuge. The action was copybook war action, but there were not any soldiers against the Germans, only unarmed, terrorised civilians. The soldiers broke down the doors of the shacks, firing madly with machine guns and mowing down any who attempted to escape. Giuseppe D’Amico , who was one of the three survivors said:

 

Besides me there were another four refugees in the house. At about 5 0’clock in the morning the German soldiers came to the house and knocked in the door. When I opened the door they shot and wounded me. I fell near to the door. They made the other people in the house get up out of bed and took them away. I pretended to be dead. Later I heard screams, explosions and gunshot.

 

The Germans had gathered together the survivors, women, the elderly and children, and they shut them into a hay barn. They threw hand grenades through the windows; the effect of these various grenades was to cause the floor to collapse. Not content with that, the alpenjäger[mountain troops] then set fire to the hay loft and the farmhouses of Sant’Agata.

 

Domenico Troilo  recalls: The morning that we received news of the massacre, we went there to see what had happened. The bodies were horrendously torn to pieces and everywhere the air was filled with the stench of burned flesh[2].

 

The Germans had checked that no-one had escaped the carnage and that there were no witnesses to cause any trouble, but fate had already decreed otherwise. In one of the houses, a young girl was miraculously saved from the slaughter, protected by the dead bodies of other victims of the Nazi ferocity. Antonietta* Di Luzio managed to stay incredibly still, conquering indescribable pain, even when the Germans held a flame to her neck – they did this to each body to ascertain if any surviving witnesses had been left behind. Her brother Antonio also escaped death. This is the declaration she gave at the Civil Hospital at Vasto on 12th February 1944:

* In the text it says Antonietta – but the actual person was Nicoletta – see below!

 

NOTE: Translation of the following statement by Nicoletta Di Luzio is copied from the website:

http://www.torricellapeligna.com/History-Nicolette%20DiLuzio.htm

 

I declare that I am Nicoletta Di Luzio, daughter of Domenico Di Luzio and Maria Cionna, both deceased. I am 16 years old, and I lived with my family in Torricella Peligna until the end of 1943, at which time the Germans ordered us to leave the town. At first we settled in an area called Santa Giusta, and then later, we settled into an abandoned house in a small inhabited area called Sant’Agata. We arrived there around June 19, 1944. Besides myself, there was my mother, my sister, Vincenzina, my two brothers, Leonardo and Antonio, my uncle, Camillo Cionna, my aunt, Rosina Di Paolo, and their 4 children, Enzo, Gemma, Annamaria and Anita. Around 5 am on June 21, 1944, we were awoken by German soldiers who broke into our house. They shouted “raus, raus”, and they made us get out of bed. They didn’t say anything else. My mother lit the fireplace, but the Germans threw water on it and put it out. Two soldiers remained at the door as guards while the others went out and gathered more people to bring into the room. One of them threw a grenade towards the door of the room. Then he closed the door and held it closed from outside with a rope. When the grenade exploded there was a lot of smoke, and I thought he wanted to gas us. Then I heard a woman cry out that she was wounded, and I then understood that it was grenade. Then, from outside the Germans threw around 30 grenades towards the fireplace in the room. There were two sorts of grenades, one, which they unhooked by pulling a ring with their finger, and one, which they unhooked with their teeth. I was seated next to the fireplace holding in my arms my 6-year-old cousin, Annamaria. When the third grenade went off, she died. After the Germans stopped throwing grenades, there were dead and disfigured people all over the room and a big hole in the floor. Some of the dead and wounded fell through this hole to the barn below. I had not been wounded, and in an effort to escape, I fell through the hole to the barn below. I tried to hide under the bodies of a man and my aunt. I managed only partially because the bodies were so heavy. A little later a German soldier entered the barn and looked around. I pretended to be dead. He was just above me, and he burned my neck with a cigarette lighter. I didn’t move, and I heard him say “Kaputt”. Then he went out. Then I saw through a hole that the Germans brought some hay and spread it on the bodies. They then poured some liquid on the hay and lit it. Later I moved over to where my two brothers were hiding in a trough. My brother Leonardo tried to escape from the barn, but the Germans shot at him with a machine gun as soon as he took a step outside the barn door. He died near the door. Later on, the smoke got so strong that I couldn’t stay any longer, and so I tried to escape. As I started to go outside the door, I saw a German soldier, and he saw me. I turned around in an effort to turn back, but he shot at me and the bullet hit me in the back. I fell down in the barn, and I remained outstretched on the ground for some time. My brother was still in the trough. I heard him weep and say that he wanted to get out, and that since all his family was dead, he wanted to die as well. So, I went to the trough and remained with him. There was less smoke in the barn because the door had remained open. After about an hour, when all was calm, I left the barn with my brother, and we went to a neighbouring farmhouse. A lady and her daughter took my brother and me to Gessopalena where they medicated my wounds. The German soldiers were from an alpine division, and I would be able to recognize them if I saw them because I had seen them previously in front of our house in Torricella Peligna. The above declaration is true, and the descriptions I have given come from my observations.

 

(Public Hospital) – Vasto, February 12, 1944

Witnesses:

Testimony gathered by Captain Jesse B. Mayforth, a.c.a.v.s.C.A.P.D.3’Army AMG

Regno d’Italia (Kingdom of Italy), Province of Chieti. I declare that my name is Victor Reiss, and that on February 12, 1944, under oath as an official interpreter for the Allied Military Government, I read the above declaration to Nicoletta Di Luzio in Italian, and she said that the declaration conforms to the facts as she recalls.

Victor Reiss

Signed under oath, February 12, 1944

 

The bodies torn apart by the explosions and the fire then underwent further outrage as they were attacked by dogs and wild animals. The carabiniere Angelo Delli Pizzi accompanied by about ten men went to bury these dead civilians and several days later he declared that he had been unable to estimate the number of the victims of the massacre accurately because:

 

Only four or five bodies were more or less intact. The rest of the bodies were dreadfully mangled, reduced to pieces and burned.

 

They were buried nearby the farmhouses in a communal grave.

 

The British military authorities opened an inquest on 10th February 1944. This is the report of capitain Jesse B. Mayforth, dated 13th February, kept at the Public Record Office in London.

 

Members of the group captained by Dr. De Liberato as well as Delli Pizzi, included:

Giuseppe Melchiorre, Rocco Lannutti, Paolo Troilo, Giovanni Di Pentima, Giuseppe De Gregorio, Matteo De Gregorio, Carmine De Gregorio, Nicola Manzi, Nunzio Lanuto, Giuseppe Troilo, Giorgio Italiano.

 

Translator’s Notes:

 

[1]  The Fosse Ardeatine massacre (Eccidio delle Fosse Ardeatine)

On 24 March 1944, the day after a partisan attack in via Rasella, in which 33 soldiers of the German Bozen battalion died, the Nazi occupation troops in Rome, under the command of gen. Maetzler, ordered colonel Kappler to retaliate by executing 10 Italians for every German soldier killed.  285 persons where picked among political prisoners and Jews (including two 15 year old boys, one of them a Jew) previously arrested by the SS, or randomly picked on the streets in the area of via Rasella. Colonel Kappler asked the Italian police chief of Rome Caruso, to deliver another 50 political and Jewish prisoners.

Subsequently, the Cave Ardeatine (also known as the Fosse Ardeatine) became a National Monument and a Memorial Cemetery open daily to visitors. Every year, on the anniversary of the slaughter and in the presence of the senior officials of the Italian Republic, a solemn State commemoration is held at the monument in honour of the fallen.

 

[2]  Victims of the massacre at Sant’Agata included:

Silvio D’Amico (33 years), Maria D’Amico (16), Angiolina Di Paolo (29), Rosa D’Amico (59),  Emilia Pillicciotta (26),  Adriana Coladonato (3), Camillo Cionna (34), Rosina Porreca (30), and her daughters Anita, Annamaria, Gemma and Laura, Filomena Di Paolo (30), Maria Di Paolo (8), Angela Piccoli (50), Rosina D’Ulisse (24), Camillo Ficco (3), Rosa Piccoli (25), Camillo Di Marco (55), and his children Gabriele and Teresa, Maria Cionna (38), Vincenzina Di Luzio (15), Antonio Antrilli (44), Nicola Piccoli (56), Antonio Antrilli, Maria Cionna, Angela Cionna, Angiolina Di Luzio, Leonardo Di Luzio, Nunziato Di Luzio, Vincenza Di Luzio, Maria Di Paolo, Marcantonio Di Paolo, Nicoletta Ficca, Camilla Pellicciotta, Cavino Piccone, Nicola Piccone, Donato Rinaldo, Marianicola Teti.

Translation courtesy of  Dr. Marion Apley Porreca